“Voglio che il mio corpo diventi filiforme e voglio che impari a fare a meno di mangiare”.
“Non sopporto questi due chili in più, mi fanno sentire una fallita”.
“So che se dovessi ingrassare non sarei più la stessa e gli altri non mi riconoscerebbero più come essere speciale”.
“Non posso dar retta alla fame perché perderei il controllo su tutta la mia vita”.

Sappiamo che le persone che soffrono di un disturbo alimentare trattano il proprio corpo quasi come un’entità astratta, valutato e schiacciato prevalentemente solo entro parametri  assai rigidi. Per esempio: magrezza-grassezza; forza-debolezza; bellezza-bruttezza (anoressia nervosa). Spesso quindi il corpo viene totalmente trascurato per ogni altro aspetto, compresa la dimensione del danno fisico che certe condotte “rischiose” per il corpo comportano, quali il digiuno prolungato (anoressia nervosa) il vomito auto indotto, l’ abuso di lassativi e diuretici, (bulimia nervosa), l’autolesionismo (bulimia nervosa, disturbi di personalità).

Questi disturbi comportano solitamente un’alterazione della consapevolezza del corpo che può determinare una mancata corrispondenza tra l’immagine corporea, ossia il modo in cui il nostro corpo appare a noi stessi, e l’aspetto fisico così come appare all’esterno.