Intervista1 a John Bowlby, M.D

Pubblicato su Clinical Neuropsychiatry (2011) 8, 2, 159-171

a cura di
Leonardo Tondo, M.D., M.Sc.
Direttore, Centro Lucio Bini, Cagliari
Professore Associato (Emerito) di Psicologia Clinica, Università di Cagliari, Italia
Lecturer in Psychiatry, Harvard Medical School – McLean Hospital, Boston

Introduzione

Trascorsi un intero pomeriggio con John Bowlby, nel suo ufficio sobriamente arredato presso il Dipartimento della Famiglia e del Bambino del Centro Tavistock di Londra, in una giornata umida e fredda, poco prima della sua morte nel 1990. Il luogo aveva una vecchia scrivania in legno, due sedie, molti libri e una finestra che dava su un cortile.
L'intervista si concluse verso sera nel momento in cui la luce rossa intensa del sole al tramonto riempiva la stanza. Al ritorno pensai che alcuni grandi uomini mostrano un certo grado di modestia sentendosi sicuri di sé. Credo che questa sia l'ultima intervista concessa dal Dott. Bowlby. In essa, oltre al ruolo fondamentale della separazione precoce e della perdita nello sviluppo della personalità futura, egli sottolinea: l’importanza della
ricerca come base per l’avanzamento della conoscenza e il valore dell’informazione prospettica piuttosto che retrospettiva per tutti gli approcci psicologici in Psichiatria infantile. Inoltre, Bowlby raccomanda l’estrema utilità di valutare il comportamento passato e presente, le somiglianze (importanza dello sviluppo psicologico) e le differenze (osservazione piuttosto che speculazione filosofica) tra la sua teoria dell'attaccamento, la psicoanalisi e la terapia cognitiva, e il suo “condividere la critica” dei vecchi colleghi psicoanalitici. Infine, fornisce indicazioni essenziali circa lo sviluppo dei bambini disadattati, la loro diagnosi, la valutazione clinica e il trattamento, la loro gestione in ospedale e come aiutarli ad affrontare la separazione dai loro genitori.
Dell'intera intervista, le due affermazioni da me preferite sono quelle riferite al paragone dello psicoterapeuta come un compagno che può aiutare il paziente a scendere in un  passaggio buio a prendere una palla, e quella che i terapeuti cognitivi dovrebbero imparare l'importanza delle emozioni, mentre gli psicoanalisti quella dei pensieri, oltre che degli eventi di vita.


Scarica l'intervista


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